Ron D. Moore parla del mondo di OUTLANDER, dei 16 episodi, come finirà la stagione e molto altro…
In questa intervista esclusiva con Collider, il produttore esecutivo Ronald D. Moore (Battlestar Galactica) ha parlato di come è finito per portare in vita “Outlander”, adattamento tv dell’omonima saga di libri scritta da Diana Gabaldon, spiegando con quale approccio ha creato il suo mondo, realizzando lo show per i fan del libro e confidando che anche gli spettatori che non hanno familiarità con l’epica storica di Claire ne resteranno affascinati. Inoltre, ha rivelato come lui e il suo team di scrittori stiano lavorando a stretto contatto con Diana (che ha recitato anche in un piccolo cameo), godendo della libertà di cambiare alcune cose o espanderle. Ha confessato quale enorme sfida sia stata trovare il cast perfetto, decidere il numero di episodi (16) che avrebbero composto la prima stagione, la quale si concluderà più o meno come termina il primo libro (“La Straniera” nell’edizione italiana). Infine, ha espresso quanto adori interagire con i fan.
Di seguito la traduzione dell’intera intervista in italiano:
Collider: Come sei venuto a sapere di questo progetto?
RONALD D. MOORE: Mentre Battlestar Galactica era agli sgoccioli, una sera a Vancouver cenando con mia moglie, Terry, e la mia partner di produzione, Maril [Davis]. Stavamo parlando di progetti futuri e di cose che amavamo, quando ad un certo punto si scopre che loro due, senza che lo sapessero, amavano questi libri e non ne avevano mai parlato. Hanno cominciato ad eccitarsi e a parlare di quanto fosse grandioso Outlander, io però non l’avevo letto. Così, mi hanno spinto a leggerlo e immediatamente ne fui colpito. Mi piace la storia, mi piace il romanzo storico, quindi ero attratto dal periodo. Mi piace molto il personaggio centrale di Claire. Quindi, quando sono arrivato alla fine del libro, ho pensato: “Ok, sì, questa è una serie. Riesco a vedere come modellare gli episodi, nel corso di una stagione”. Erano otto i libri pubblicati fino a quel momento, quindi significava tante stagioni. Ero convinto dell’idea. Ho sempre voluto fare un film in costume, e in questo caso potevo fare due pezzi d’epoca, con la parte di storia ambientata negli anni ’40 e l’altra nel XVIII secolo.
Quando hai letto il libro, hai pensato che sarebbe stato facile da filmare, o hai dovuto capire come fare?
MOORE: Ho sempre avuto la presunzione di credere che saremmo riusciti a capire un modo per come filmare. Sapevo che potevamo andare in Scozia per girare la serie. Non è molto diverso da quello che ho fatto con Battlestar e Star Trek, sto creando un mondo che non esiste. Non si può semplicemente uscire in strada e girare una scena, o affittare dei costumi per questi progetti. Sono abituato a lavorare dovendo creare un intero mondo, e mi piace questo processo. Mi piace che il pubblico creda che al di fuori della cornice del televisore, c’è un mondo reale che esiste, che è diverso dalla realtà quotidiana. Mi piace questo aspetto, mi eccita, come parte del progetto.
Il tuo approccio alla serie è come quello di qualcuno che guarda per la prima volta, senza aver mai letto il libro?
MOORE: Noi non stiamo adattando la serie per i non-fan. Starz, dal principio, ha detto di realizzarla per i fan del libro. Hanno detto, “Fidati del libro. Noi ci fidiamo. E abbi fiducia che chiunque lo provi e non conosca il materiale sarà conquistato dalla storia.” Questa è la nostra filosofia. Noi abbiamo fiducia in questa storia, intraprendete anche voi questo viaggio insieme a noi. Se conosci la storia perché hai letto il libro, vivrai l’esperienza in un certo modo. Ma se arrivi a questo progetto non sapendo molto al riguardo, sarà una storia avvincente. Una donna viene catapulta indietro nel tempo. Improvvisamente, si trova con questi Highlanders. Vuole tornare a casa da suo marito, che abbiamo visto nella scena d’apertura. Ed ecco che si trova in questo mondo del XVII secolo con pericolo, romanticismo e violenza. Che cosa le accadrà? E’ una storia interessante.
Era importante per te che non si trattasse di una storia sui viaggi nel tempo?
MOORE: Sì, ero contento che non si trattasse di quel genere di show, alla sua essenza. E’ il catalizzatore di tutto ciò che accade, ma non parla di questo. La storia tratta di amore, lealtà, fiducia e impegno, temi eterni più di quanto lo siano realmente i viaggi nel tempo. Non si tratta di diverse linee temporali o se cambi il passato come influenzerà il futuro. Anche se queste domande arrivano, periodicamente, non è il punto centrale della storia. Diventa più palesemente una storia di fantascienza quando ci si immerge in intense discussioni riguardanti dimensioni temporali e come un evento può causare un effetto domino attraverso la storia. E’ un aspetto che viene sviluppato attraverso alcuni elementi dello show, ma non in modo molto forte, soprattutto non nella prima stagione, perché tu sei con Claire. E’ la sua storia, e lei non si preoccupa di tutto questo. Vuole solo tornare a casa, e questo è il punto di vista del pubblico. A noi importa solo ciò che a lei importa, sta solo cercando di sopravvivere, non farsi catturare, tornare dal marito. E poi, si innamora di un altro uomo, che crea un conflitto, perché che cosa farà a questo punto? Lei non appartiene a questa epoca, ama davvero Frank ma è innamorata anche di Jamie. E’ una posizione interessante in cui trovarsi.
E’ una storia così intrinsecamente tragica, dal momento che Claire non sa se mai farà ritorno a casa.
MOORE: Sì, lo è. Ci sono sicuramente elementi di tragedia e malinconia per ciò che le sta accadendo e ciò che le potrebbe accadere. Direi che è parte del motivo per cui la definiscono una storia d’amore. Il Romance ha classicamente delle basi tragiche.
Quanto stai lavorando a stretto contatto con l’autrice Diana Gabaldon?
MOORE: Prima del coinvolgimento della Starz, sono andato a Scottsdale con Maril e abbiamo trascorso un fine settimana con Diana, per parlare della storia e di come sarebbe stato l’adattamento. Le ho detto come avevo intenzione di approcciarmi, alcune delle cose che pensavo di cambiare rispetto al libro, e lei è stata molto aperta. Ha capito tutto fin dall’inizio. Ha detto, “Ho capito. Si tratta di un adattamento. Non può essere la trasposizione letterale della pagina. Io non faccio televisione. Sono una scrittrice. Quello è il tuo mestiere. Adesso parliamo di quello che pensi di voler cambiare”. E’ stata molto disponibile. Le abbiamo dato gli script, li legge e ci fa sapere cosa ne pensa. In sostanza, ha amato e apprezzato tutte le cose che abbiamo fatto, il che ci ha dato un’enorme fiducia per la risposta dei fans. Lei è la regina, e alla regina piace, quindi speriamo che anche al resto dei seguaci piacerà.
Com’è nata l’idea per il suo cameo?
MOORE: E’ stata una nostra idea. Ci siamo detti, “Dobbiamo farlo!”. Perché no? E’ il suo mondo e la sua storia, quindi dovrebbe avere un momento per farne parte. Ha visto buona parte del filmato e le è piaciuto molto, ne è rimasta davvero entusiasta. E’ stata molto, molto favorevole. Abbiamo un rapporto estremamente positivo con lei. Soprattutto dopo aver visto Saving Mr. Banks pensavo “Wow, questo sarebbe potuto andare molto peggio!”.
Ora che hai instaurato un rapporto con Diana Gabaldon, ti senti più limitato, sapendo che lei leggerà i copioni, o ti senti libero di cambiare quello che credi sia opportuno modificare?
MOORE: Non voglio continuare ad atteggiarmi e farlo sembrare come è stato tutto grandioso, ma lo è stato sul serio. Diana è super disponibile. Ho sempre detto, fin dall’inizio, che volevo la serie fosse il più fedele possibile al libro. Anche la Starz diceva, “Rendi la serie fedele ai libri”. E’ stato sempre questo l’obiettivo. E allora, mettiamo le carte sul tavolo con tutti gli scrittori, si inizia con la versione del libro di eventi e scene chiave, ma non sempre rientrano in un’ora di episodio. Il libro non è stato progettato per essere adattato. Quindi, stai prendendo qualcosa che è stato scritto per una forma diversa, e ora lo traduci dovendo capire come farlo funzionare in un’ora di puntata. Ti chiedi, “Come lo assembliamo? Qual è l’arco in questo episodio? Dove inizia e termina?”. C’è una scena con Claire dove sono per strada e, improvvisamente, lei finisce nelle mani di Jack Randall, e c’è una grande scena tra i due quando lui la colpisce allo stomaco. E’ una gran bella scena, ma quando leggi il libro, non dura molte pagine giusto un paio. Ma ci siamo detti, “Questo dovrebbe essere un episodio completo. Dobbiamo farci qualcosa di più grande con questo materiale”. Così, in alcuni casi, prendi ciò che c’è e lo amplifichi. Altre volte, salti alcune cose. A volte si sposta leggermente la cronologia degli eventi perché non si riesce a capire come arrivare da A a B in questo ordine, quindi modifichi la sequenza. E’ un costante destreggiarsi tra i particolari vincoli della televisione seriale, ma torniamo sempre al punto in cui il libro ti sta portando.
Ha influenzato il modo in cui hai sviluppato certi personaggi?
MOORE: C’è un personaggio di nome Rupert, uno degli Highlanders, al quale abbiamo dato un ruolo più prominente. C’è un altro personaggio chiamato Angus, che abbiamo cambiato e reso più di un amico per Rupert. Abbiamo ampliato questi ruoli, come il gruppo principale di Highlanders che conoscerete. Non penso abbiamo perso personaggi principali. Tutti i personaggi del libro che vorreste ricordare sono presenti nella storia. E non penso che abbiamo mischiato i personaggi.
Hai letto qualche discussione sul web riguardo quali scene o quali momenti i fans sentivano fossero più importanti in questa storia?
MOORE: Non molto. Mia moglie è la fan numero 1, quindi è stato facile controllare perché potevo letteralmente girarmi verso lei e dirle “Ricordi questo? Che cos’è importante per te?” Anche Maril é una fan accanita. Entrambe sono sempre state la mia risorsa. E poi, avevo me stesso, in qualità di lettore, su cosa prendere dal materiale, in termini di momenti chiave e scene portanti che si dovevano avere, e dove c’era spazio per l’interpretazione. Alcune delle cose che abbiamo inserito erano implicite o sarebbero potute verificarsi. Una delle prime idee che ho presentato a Diana è stata la scena d’apertura dello show ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, con Claire in un ospedale da campo in Francia mentre lavorava come infermiera. Non c’è una scena scritta allo stesso modo nel libro, ma chiaramente si tratta della sua backstory ed allude alle sue esperienze. Faceva parte della storia, così abbiamo deciso di aprire con quella scena. Volevo crearla per dire al pubblico chi è Claire e quali sono le sue abilità, e per farvi entrare immediatamente in questo racconto.
Quante volte tua moglie ti ha detto “No, non puoi farlo! Non puoi cambiare quella cosa!” ma tu l’hai fatto comunque?
MOORE: Diverse volte. Devo fidarmi del mio istinto. Ho iniziato la mia carriera con Stark Trek, che aveva un enorme fanbase che parla molto chiaro. In fretta ho realizzato che ero un fan di Stark Trek, ma non era una democrazia. Dovevo procedere come pensavo fosse meglio. Ho fatto la stessa cosa con Galactica. Devo crederci e fidarmi del mio istinto su cosa farò, e poi sperare che altre persone concordano.
Quanto è stato difficile scegliere il cast di questo show?
MOORE: Penso che abbiamo un cast grandioso, incredibile e solido. All’inizio, ho detto a tutti “Sceglieremo Claire rapidamente. E’ un personaggio moderno e ci sono un sacco di grandi attrici inglesi là fuori. Troveremo qualcuna subito. Jamie sarà quello che ci ucciderà. Lo sceglieremo il giorno prima delle riprese, perché lui è ‘The King of Men'”. E’ così che lo chiamiamo nella writers room. E’ una figura eroica che si è costruita nella mente dei fan, quindi chi potrebbe mai essere quel ragazzo? Pensavo che ci avremmo impiegato un’eternità. Ovviamente, è accaduto l’esatto contrario. Sam [Heughan] è stato il primo che abbiamo scelto nel cast. Il suo video d’audizione è arrivato, ci siamo guardati tutti l’un l’altro esclamando “Oh, mio Dio, è lui! Ecco Jamie, proprio lì!”. L’abbiamo inviato a Diana e lei ha avuto la stessa reazione, e improvvisamente abbiamo avuto un Jamie. E poi, Claire ha richiesto una ricerca infinita. Abbiamo visto un sacco di attrici. E’ stato un ruolo sorprendentemente difficile da scegliere. Devi avere davvero qualcuno di speciale. E’ la sua storia. Lo show vive e muore con Claire. E’ presente in ogni scena e parla in voice-over. La guardi mentre pensa e trascorri parecchio tempo nella sua mente. Devi avere veramente la persona giusta, ha richiesto un lungo periodo di tempo il suo casting. Abbiamo visto tantissime attrici meravigliose. E poi, abbiamo visto il provino di Caitroina Balfe ed è successa la stessa cosa. Ci siamo subito detti, “Oh, mio Dio, eccola!”.
Era importante che l’attrice scelta per interpretare Claire non fosse conosciuta, in modo che il pubblico potesse facilmente perdersi nella storia?
MOORE: Ne abbiamo discusso. Ho pensato che avrebbe aiutato, certamente. Ciò non escludeva la possibilità di scegliere una persona più nota ma sentivamo istintivamente che se fosse stata un’attrice con cui il pubblico non era familiare, sarebbe stato utile, per questo motivo. Riesci ad accettare più facilmente gli attori come questi personaggi, senza pensare agli altri personaggi che hai visto loro interpretare in precedenza.
Ogni volta che avete annunciato un casting, tutti hanno espresso la propria opinione?
MOORE: Oh, sì, certo che l’hanno fatto! La cosa pazzesca di questo progetto è che, prima ancora di aver annunciato che stavamo facendo la serie, se andavi su YouTube, c’erano centinaia di video realizzati da persone che avevano già scelto il cast per lo show. I fans avevano realizzato trailer completi con filmati esistenti di altri attori per i ruoli. Non avevo mai visto niente di simile. E’ stato davvero insolito.
State facendo qualcosa di specifico, a livello visivo, per mantenere i periodi di tempo separati?
MOORE: In gran parte si tratta di fotografia sul set. Parliamo molto di illuminare in modo diverso e riprendere in maniera leggermente diversa. E poi, in post-produzione, giochiamo con i colori, i livelli di saturazione e altre tecniche per dare una separazione tra i due periodi storici.
C’è stata una discussione travagliata su quanti episodi fare per questa stagione, o hai sempre avuto un certo numero di episodi in mente?
MOORE: Non sono nemmeno sicuro di come il numero 16 sia saltato fuori, inizialmente. Penso che Starz disse, agli inizi, “Saremmo disposti a fare 13, 16 o 18 episodi. Dicci quale pensi sia il numero più appropriato”. Penso che 16 sia stato il numero proposto inizialmente, così ho iniziato a predisporre il lavoro per vedere se 16 fosse il numero giusto. Effettivamente si adattava bene, e c’era una pausa naturale nel punto centrale, in termini di storia. Stava alla Starz decidere se volevano separare gli episodi in due sezioni diverse e trasmettere in tal modo, oppure no. Così, rapidamente la scelta è ricaduta su 16.
Con 16 episodi avete spazio di manovra, di stagione in stagione?
MOORE: Sì, ma non stiamo affrontando quelle discussioni ancora. Lavorare con Starz ti consente di avere un sacco di flessibilità, in termini di ordini. Una volta che si comincia a parlare della seconda stagione, mi approccerò allo stesso modo. Sezioneremo il libro, ne discuteremo, vedremo qual è il flusso naturale degli eventi e quanti episodi pensiamo che ci vorranno per raccontare la storia.
Volete dare un senso di chiusura alla prima stagione, o lascerete le cose aperte?
MOORE: La prima stagione si conclude più o meno come termina il libro. Stiamo raccontando la storia del primo libro, quindi mi sento a mio agio nel procedere in questo modo.
Com’è stato filmare in Scozia?
MOORE: E’ fantastico. E’ stato divertente. Abbiamo girato molto in location, quindi gli elementi sono una grande sfida. Le ore di luce sono molto brevi, ed è una sfida. Il tempo può essere difficile. Non abbiamo dovuto interrompere le riprese o riorganizzare la nostra tabella di marcia, il che è stato davvero una fortuna, ma è dura per la crew e per il cast. Tu sei là fuori sotto la pioggia e il nevischio, e il tempo cambia molto nel corso della giornata. Cambia tutto il giorno.
Quali sono state le sfide più grandi da filmare?
MOORE: Riguarda la logistica. Girare uno show nel Regno Unito. Ho fatto Galactica e Caprica a Vancouver, quindi ero a conoscenza di come fosse girare qualcosa non a Los Angeles. E’ un continuo viaggiare in aereo. Vivo in perenne jet lag adesso. La cosa più difficile è fare il pendolare tra qui e il Regno Unito. E’ molto duro, ed è difficile anche solo parlare con le persone perché il fuso orario è diverso. Ci sono otto ore di differenza, quindi è davvero difficile mantenere i contatti con gli scrittori. Ho due orologi nel mio ufficio, in entrambi i luoghi. Si è rivelata una grande sfida. La comunicazione tra queste località è molto difficile. Mia moglie è la costume designer e lei si trova ancora lì. Il nostro rapporto è difficile perché uno di noi sta andando a letto o è sul punto di svegliarsi, e cerchi di avere momenti giusto per parlare semplicemente l’uno all’altra perché sei separato da questa distanza.
Hai avuto una certa quantità di critiche da parte dei fan per Battlestar Galactica, questo ti ha allontanato dai social media, o vuoi sapere quello che dicono i fan?
MOORE: Mi affascina. Mi piace interagire con i fan e mi piace sentire quello che dicono, ma bisogna prendere tutto con le pinze. Devi capire che le persone che accedono ad internet per parlare di un programma televisivo rappresentano una specifica frazione del pubblico. Non è il pubblico generale, quindi non puoi diventare pazzo per questo. Non è rappresentativo dell’intero pubblico, ma sono i fans più devoti. Sono quelli che in realtà prestano attenzione, riflettono e discutono dello show. Alcuni dei tuoi fan più accaniti sono quelli che lo odiano di più. Non posso dirvi quante recensioni ho letto di Battlestar o di Star Trek che dicevano: “Ho visto questo episodio tre volte, e peggiora ogni volta che lo guardo.” Questo è un fan. Queste persone amano lo show, esprimono il loro amore attraverso l’odio, che è una dinamica strana.